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progettare un logotipo che indMdui lo spinto e l’atmosfera della città dl Milano. (non era proprio così... mali senso è quello).

Guardiamo tutti allibiti il grafico che entra in agenzia. Non saluta. Ha in mano dei fogli di carta sgualciti, degli occhiali trasparenti-lenti-gialle sul naso, una camicetta bianca con apertura inguinale contorna una collanina kitsch che fa pan-dan con il sorriso. inguardabile. Accende il computer, inserisce una chiavetta usb e ci osserva, noi zitti; dieci secondi di completa indifferenza. Poi, con un accento milanese e un tono snob, lascia avviluppare il suo volto da una smorfia e dice: ragàzzi, questa è milàno vista da un terù”.

L’intero ufficio comincia ad aggregarsi dietro il suo monitor consapevoli di quanto abbiano influito i suoi anni di militanza in curva sud sulle idee politiche. Ci aspettavamo una visione distorta, ironica e parossistica del bohemien milanese, in una forma stilizzata ed effeminata ormai divenuta uno stereotipo nei sud italia. E invece no. Fu grande lo stupore nell’osservare l’effetto vibrante del logo sulle nostre retina Bello, elegante, intelligente. Un edificazione concettuale del duomo.

Fantastico. Forse troppo, considerato che pur di non farci vincere hanno preferito rubarlo e riutilizzarlo per [omissis], un altro ente del comune dl Milano. Ma non fa nulla, è la legge del karma Noi gli rubiamo le ragazze e loro le idee. Ai grafico sta benissimo così.

Escluso: invidia